Orto botanico di Palermo – concorso di progettazione
con arch. Enrico Sello, arch. Lara Michelotti, dott. arch. Giulia Tambone, dott. arch. Beatrice Nardini
anno: 2021
Il bioma mediterraneo, il cui patrimonio vegetale costituisce il 20% della flora vascolare planetaria, è una delle regioni più ricche in biodiversità. La sua diversità biologica è dovuta principalmente all’adattamento delle specie alle condizioni pedoclimatiche avverse, e in particolare alle estati calde e secche che ne caratterizzano il clima. Lungi dal limitare la flora, dunque, l’aridità ha favorito nei millenni la diversità delle piante di queste regioni. Il concept di progetto nasce, pertanto, dal tema della protezione, intesa sia come dovere dell’uomo di difendere l’ambiente e la biodiversità sia come necessita delle piante di proteggere se stesse. In questa direzione si dirige il linguaggio architettonico del progetto, la cui struttura è costituita da setti murari, ancestrale espediente antropico di difesa e salvaguardia che, come nel giardino pantesco, dialoga con I’idea di tutela delle specie coltivate, che qui si fanno ambasciatrici della biodiversità mondiale. A livello espositivo e didattico, invece, il progetto si compone di un percorso guidato di tipo museale, con flussi definiti ma a fruizione libera, che accompagna il visitatore alla scoperta delle strategie di autodifesa che hanno caratterizzato l’evoluzione adattativa delle specie di tipo mediterraneo.
Il percorso di visita inizia nell’Orto Botanico antico, a cui il nuovo intervento è collegato attraverso una passerella sospesa sulla viabilità carrabile. Questo passaggio consente, una volta entrati nell’area di progetto, una visione complessiva della nuova area, che, racchiusa tra pareti, appare come un prezioso scrigno di biodiversità e paesaggi. Da un atrio con funzione
meditativa, ombreggiato e allestito con arredi per la sosta, una fontanella e un totem, una rampa scende tra setti tagliati e giochi di chiaroscuri accompagnano il visitatore verso la scoperta dell’Orto mediante pannelli didattici con la spiegazione degli ambienti che si incontreranno durante la visita. In fondo alla discesa, accoglie il visitatore una promenade énigmatique attraverso il boschetto ripariale, un giardino che si origina dalla scomposizione della vegetazione del biotopo fluviale.
Risalendo verso nord, il fruitore entra nella stanza successiva e inizia il percorso museale all’interno dell’area delle endemiche: qui, gli esemplari rari o minacciati sono accolti da una serie di “teche”, tra le quali il visitatore può sedersi in ieratica contemplazione. Si procede poi con la passeggiata ascensionale attraverso i diversi biomi mediterranei, organizzati secondo una griglia regolare che ricorda l’antico ordito dei campi coltivati sulla Piana di Sant’Erasmo. Un percorso centrale e un sistema di passi persi, dunque, invitano il visitatore a esplorare in modo anche giocoso i 5 giardini, divisi da setti di contenimento, all’interno dei quali sono ospitate le specie caratteristiche di ogni bioma, sistemate secondo criteri associativi di tipo fitosociologico, pedologico e geografico. In corrispondenza della testa di ciascun setto, un pannello didattico spiega le principali strategie di difesa che le specie mediterranee hanno sviluppato per resistere meglio alle condizioni ambientali. Il primo bioma, la macchia mediterranea, racconta la storia di co-evoluzione pianta-uomo: attraverso l’utilizzo del fuoco, la pratica agricola e l’allevamento, l’uomo ha interferito pesantemente sulla vegetazione originaria del Mediterraneo, determinando la sostituzione della foresta sempreverde con la macchia e la garriga. Nel giardino successivo, il fynbos racconta come alcune piante resistono alla stagione avversa attraverso la dormienza estiva: è il caso di bulbose come Haemanthus coccineus e Freesia leichtlinii. Nel chaparral è possibile notare come, contro l’eccessiva evapotraspirazione, buona parte delle specie si
sono evolute in sclerofille, ovvero piante che presentano foglie spesse, coriacee e ricoperte da una cuticola cerosa impermeabile. Procedendo si incontra il matorral, dove alcune piante hanno modificato i propri tessuti in particolari “parenchimi acquiferi” in grado di immagazzinare grandi quantita d’acqua: è il caso delle succulente come Echinopsis chiloensis e Puya coerulea. Nel mallee, infine, troviamo molte piante pirofite, come alcune specie dei generi Eucalyptus e Banksia che, per sfuggire all’azione distruttiva degli incendi, hanno sviluppato un “lignotubero” contenente delle gemme dalle quali può germogliare un nuovo stelo.
L’ultima stanza, a cui il visitatore può accedere dal percorso museale dei biomi, è l’arboretum, organizzato come un’area di sosta ombreggiata dalle chiome degli alberi disposti a boschetto e utilizzabile anche come aula didattica e spazio per eventi culturali, dal momento che anche questa zona è protetta da setti murari.
Terminata la visita, lo scalone d’ingresso riporta il fruitore all’Orto Botanico antico, lasciandogli la possibilità di ammirare un’ultima volta i paesaggi appena visitati.